Ada Boni scriveva che “la cucina romana è una cucina semplice, nutriente e saporita…tutto quello che rappresenta la complicazione della cucina internazionale viene inesorabilmente bandito…e del resto questa predilezione per la buona tavola è logica in quanto la sua terra gli offre quanto di più fine si possa desiderare in fatto di alimenti”. A Roma, infatti, ci sono verdure meravigliose e i mercati rionali sono pieni di colori e di varietà in ogni stagione.
L’amore per le verdure è un amore antico. Gli antichi romani erano golosi di fave ed insalata, che piantavano in ogni accampamento militare. Anche in città consumavano e coltivavano ovunque asparagi, cicoria e cavoli e li esaltavano con piatti e pietanze tramandati fino a noi da Apicio.
I magnifici orti urbani li abbiamo realizzati per primi noi romani! Nell’Ottocento erano parte del paesaggio urbano come si può vedere bene nei quadri di Roesler Franz.
Come fare a meno della cicorietta di campo o della rughetta asprigna, delle croccanti puntarelle o dei colorati broccoli? C’è addirittura un nome apposito per l’insalata mista di campo: la misticanza!
Scriveva il buon Artusi: “Avvezzatevi a mangiare d’ogni cosa se non volete divenire incresciosi alla famiglia. Chi fa delle esclusioni parecchie offende gli altri e il capo di casa, costretti a seguirlo per non raddoppiar le pietanze”. Peccato che io da piccola rifiutavo categoricamente i contorni vegetali tanto che le mie nonne si dovevano inventare minestre colorate pur di farmi assumere un po’ di vitamine. Con l’età mi sono via via ricreduta. Ci sono ancora verdure che non mangio e altre che pilucco in modica quantità per rispettare la piramide alimentare.
Nell’elenco sono inserite i contorni più golosi che realizziamo in famiglia con gli ortaggi, i legumi e i tuberi.